ChatGPT bloccato in Italia: perché? Quando lo riattiveranno? – E cosa è esattamente ChatGPT, strumento da generare così tanto dibattito?

Gli scettici lo guardano da lontano, preoccupati; ma gli entusiasti, sono entusiasti per davvero, forse troppo, tanto da preoccupare autorità garanti e non solo: ChatGPT, in pochissimi mesi dal lancio, ha attirato milioni di utenti, prospettandosi come il futuro possibile di molte attività, lavorative e non solo, mettendo persino a rischio l’utilizzo nei motori di ricerca, che trovano nell’intelligenza artificiale il primo vero competitor nella loro storia.

Se non che, pochi giorni fa il servizio di ChatGPT è stato ufficialmente sospeso in Italia.

Cosa è successo? Cosa non è piaciuto al Garante della Privacy (perché sì, il Garante per la protezione dei dati personali è uno dei protagonisti di questa controversia)?
E negli altri paesi cosa accade e, soprattutto, come si evolverà questa storia che si prospetta essere un legal drama a puntate degno di fare concorrenza al legal-pshycho-drama tra META e SIAE?

Cosa è ChatGPT

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ChatGPT è un sistema di chatbot, cioè una macchina che interagisce con l’utente, tramite scrittura e sintesi vocale, come se fosse un umano, dando risposte incredibilmente simili a quelle di una persona; si tratta infatti di un prodotto (per ora gratuito, con alcuni servizi aggiuntivi a pagamento) di OpenAI, un’organizzazione senza fini di lucro (dichiarati, eh!) di ricerca sull’intelligenza artificiale (fondata da Elon Musk, Greg Brockman, Ilya Sutskever, Wojciech Zaremb e Sam Altman, attuale presidente).

L’acronimo GPT di chatGPT sta per Generative Pre-trained Transformer, cioè trasformatore pre-istruito per generare conversazioni.

Come funziona ChatGPT?
In realtà i suoi possibili utilizzi possono essere tantissimi, e per questo si tratta di un prodotto che non è passato inosservato e ha attirato così tanti utenti in poco tempo. Tanto per cominciare, è possibile (era, in Italia, prima della sospensione – probabilmente provvisoria) entrare sul sito o app e fare una domanda, come faremmo su Google, ottenendo però non una seria di risultati provenienti da siti, blog, magazine, dizionari ecc, bensì una risposta completa e complessa, vocale o scritta, di tutto quello di cui abbiamo, putativamente, bisogno.

Ad esempio, io chiedo: “Dove posso andare a mangiare stasera spendendo meno di 50 euro e senza prendere la macchina?”.
Il bot di Intelligenza Artificiale sintentizza la serie infinita di dati presenti sul web, la mia posizione, inizia inoltre ad assimilare le mie abitudini, così da capire sempre meglio, uso dopo uso, cosa mi può realmente piacere, e mi dà una serie di opzioni, argomentandole come potrebbe fare un umano che sa quasi tutto di me e dei miei gusti.

Già in questo passaggio ho citato degli elementi chiave alla base della controversia con il Garante della Privacy Italiano: modalità di acquisizione dei dati (sia dal web mediante attività di crowling, sia dall’utente) e loro gestione oltre, ad esempio, alle problematiche relative agli utenti minori d’età.

(NB. gli usi di ChatGPT che creano più dibattito riguardano soprattutto la possibilità di scrivere testi, articoli, musica, tesi, trattati interi sostituendosi alla creazione umana ed è vero che potremmo parlare delle questioni relative al diritto d’autore di testi e immagini generati dalle AI , ma, al momento, quello che preoccupa è anche il tema non solo legale ma anche etico e filosofico; quindi per quanto affronti spesso questi aspetti nella mia vita personale, non è di questo che parlerò in questo articolo).

Perché il Garante della Privacy ha bloccato l’attività di ChatGPT?

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OpenAi, organizzazione titolare di ChatGPT, ha sospeso il servizio di ChatGPT in Italia a seguito della disposizione, in via d’urgenza, dunque con effetto immediato, dell’interruzione del servizio o, più precisamente, a seguito dell’ingiunzione alla “limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI” che di fatto corrisponde all’impossibilità di erogare il servizio;

(in parole povere OpenAI non può più per adesso raccogliere dati degli utenti italiani, ergo, nessuno può più usare il sito o l’app, in Italia. Per altro, Oper Ai, all’indomani del provvedimento del Garante ha dichiarato la propria autosospensione in Italia. Che vabbè.).

Però c’è una cosa da dire e che, probabilmente, è sfuggita ai più. Lo scorso 20 marzo ChatGPT è stata vittima di un data breach – che, in in parole povere, consiste in una violazione di sicurezza da cui può derivare una compromissione dei dati personali (accesso, perdita, indisponibilità, modifica etc.) – in quanto erano stati segnalati problemi di confidenzialità delle conversazioni per cui si potevano visualizzare delle chat di terzi non appartenenti al proprio account.

E i data breach, si sa, soprattutto quando si maneggia una mole così enorme di dati di varia natura, non sono mai una buona cosa.

Cosa non è piaciuto al Garante italiano della Privacy?

Alla base del provvedimento ci sono alcuni elementi critici rilevati dal Garante:

  • la mancanza di una informativa sul trattamento dei dati degli utenti e degli interessati dal trattamento (le basi, insomma);
  • l’assenza di una base giuridica – cioè il motivo per cui, secondo le normative, quei dati possono essere trattati -, che, cito il sito del Garante “giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali, allo scopo di addestrare gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma”;
  • inesattezza del trattamento dei dati personali, in quanto le informazioni fornite da ChatGTP non sempre corrispondono al dato reale;
  • Mancanza di un filtro di verifica dell’età degli utenti, nonostante il servizio sia formalmente rivolto ai maggiori di 13 anni (perchè sappiamo che in Italia l’età del consenso digitale è di 14 anni, vero?)
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Quando riattiveranno ChatGPT in Italia?

Più che quando, è il caso di chiedersi prima “se”.
OpenAI, titolare di ChatGPT, ha 20 giorni per rispondere alle osservazioni del Garante, sia per cercare di evitare la sanzione massima (fino a 20 miliardi di euro o fino al 4% del fatturato annuo) e adeguarsi per poter tornare ad erogare il servizio in Italia.

Di certo gli sviluppi non mancheranno, perché il problema (per OpenAI) non si risolverebbe “semplicemente” con l’interruzione del servizio in un piccolo paese di appena sessanta milioni e rotti di abitanti – al netto del fatto che oggi, tramite vpn, le restrizioni nei singoli paesi sono più che aggirabili da chiunque.

L’atteggiamento di OpenAi, al momento, è indubbiamente collaborativo e interessato a poter continuare al più presto la propria attività sia in Italia che all’interno dell’Unione Europea, tant’è che appena il giorno dopo della disposizione della limitazione di trattamento si è svolto un incontro con il Garante Privacy. OpenAi, in tale occasione, “si è impegnata a rafforzare la trasparenza nell’uso dei dati personali degli interessati, i meccanismi esistenti per l’esercizio dei diritti e le garanzie per i minori e ad inviare al Garante [… ] un documento che indichi le misure che rispondano alle richieste dell’Autorità.” I

Il Garante, ad oggi, sta verificando le misure proposte da OperAi soddisfino i requisiti di legge.


Il caso italiano è di fatto un precedente scomodo, che potrebbe espandersi con effetto domino tanto per iniziare nel resto d’Europa (il Garante della Privacy Italiano lavora in sinergia con organi europei per la protezione dei dati) e potrebbe essere il caso di una farfalla che sbatte le ali e provoca un uragano nel mare aperto dell’IA.