C’è una precisa definizione di imprenditore e di imprenditrice, che per il diritto ha a che fare con il tipo di attività svolta, il metodo con cui essa viene svolta e soprattutto una serie di implicazioni etiche e morali di impatto sulla comunità che sarebbe il caso di riprendere e ricordare.
Soprattutto nell’epoca delle start-up che nascono velocemente e velocemente muoiono, e delle facili definizioni di imprenditrice digitale, come se fosse un abito di fast fashion da indossare per un riconoscimento social, più che sociale, è bene riapprofondire il concetto di impresa e imprenditore anche nelle sue responsabilità non solo produttive.
Definizione di imprenditore, secondo il diritto
La definizione di imprenditore ce la dà l’art. 2082 del Codice Civile, descrivendolo come la persona che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine dello scambio produzione di beni e servizi.
L’articolo 2083 del CC differenzia gli imprenditori dai piccoli imprenditori, inserendo questi ultimi nella specifica dei coltivatori diretti, artigiani, piccoli commercianti e persone che svolgono la propria attività di scambio e produzione prevalentemente con il lavoro proprio o con della propria famiglia.
Cosa vuol dire, in questa definizione del Codice Civile, il concetto di “attività organizzata”?
L’imprenditore o imprenditrice è la persona che, nello svolgere il suo ruolo, si occupa anche della decisione degli assetti delle risorse, umane e materiali, utili nella produzione.
Questi elementi qualificano la figura dell’imprenditore/imprenditrice e ne determinano la distinzione rispetto ad altre figure professionali (come ad esempio il libero professionista) ma anche e soprattutto l’assoggettamento a specifiche disposizioni di legge.
Per quanto esistano delle distinzione tra varie tipologie di imprenditori (agricolo, piccolo imprenditore, imprenditore commerciale), tutti devono adeguarsi a delle norme e status generali applicabili a imprenditori e piccoli imprenditori, come la disciplina dell’azienda (art. 2555 CC), la disciplina dei segni distintivi e marchi, la disciplina delle opere di ingegno, le norme che regolano la concorrenza.
Il piccolo imprenditore, tuttavia, in caso di insolvenza, non è sottoposto al fallimento e alle procedure concorsuali, non ha l’obbligo civilistico di tenere scritture contabili, e non è assoggettato al regime di pubblicità che si attua tramite il registro delle imprese, e tutto questo non è poco in termini di rischio e responsabilità di impresa.
Il libero professionista è un imprenditore?
Per il diritto, ci sono delle importanti differenze tra un imprenditore e un libero professionista/lavoratore autonomo.
Quest’ultimo infatti basa e organizza la sua attività professionale sulle energie lavorative del soggetto, il cuore dell’attività.
Il che non vuol dire che un libero professionista non possa avere delle forme di così detta scalabilità, ma queste avranno un ruolo meramente strumentale.
Distinto dall’imprenditore tout court è anche il professionista intellettuale, definito dall’articolo 2229 del Codice Civile, e no, non si tratta di scrittori, blogger, lavoratori creativi, bensì dei lavoratori autonomi iscritti ad Ordini ed Albi, come noi avvocati, ad esempio.
C’è un momento in cui, tuttavia, le figure di imprenditori e liberi professionisti si incontrano, almeno negli oneri, ed è all’art. 2238 del Codice Civile:
“se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma di impresa, si applicano le disposizioni del titolo II” (ovvero quelle sull’imprenditore).
Chi sono gli imprenditori e le imprenditrici digitali?
Da Avvocata del digitale, mi soffermo un attimo su una definizione ultimamente molto diffusa, che molto mi sta a cuore.
Oggi il mondo della produzione passa dal mondo digitale: ogni processo promozionale, ogni canale di vendita, persino la produzione di molti beni e servizi (dagli e-book alle consulenze online) passano dal web.
Ogni nuovo modello di business ha il web come arma, come elemento della produzione e talvolta anche come bene.
Ma questo non implica che chiunque utilizzi il web come canale di promozione, vendita o come asset possa definirsi imprenditrice o imprenditore.
Per quanto il mondo delle definizioni e delle auto-definizione oggi sia molto fluido, per cui è facile appropriarsi di titoli quali coach, mentor, specialist, manager, perché non ancora inquadrate né legiferate, la parola imprenditore ha, in italiano, un’accezione giuridica.
Dunque, possiamo dire che Strickler, fondatore di Kickstarter, è un imprenditore digitale? Sì.
Perché ha un’attività complessa e organizzata, basata su beni e servizi digitali.
Possiamo dire che Chiara Ferragni, che ha inventato un modello di business trasversale interamente basato sul web, è un’imprenditrice digitale?
Corretto, ma limitante, considerando che il suo brand tocca beni di ogni tipo, dagli accessori agli abiti, dal caffè a qualunque oggetto possa essere prodotto e commercializzato.
Possiamo dire che un social media manager è un Imprenditore digitale?
Dipende da come organizzerà la propria attività; astrattamente potremmo dire che si tratta di un lavoratore autonomo, che basa la sua attività su strumenti e funnel online.
Gli imprenditori, le imprenditrici e il valore etico (dimenticato)
Nel nostro ordinamento giuridico c’è impresa perché c’è libertà di iniziativa economica privata, garantita niente meno che dalla Costituzione, all’articolo 41.
Secondo questo articolo, la libertà di impresa non trova giustificazione negli interessi individuali dei singoli che le esercitano ma sulle conseguenze delle attività di impresa nella società e collettività.
Appare più che evidente che ormai le teorie economiche secondo cui il libero svolgere di iniziative individuali dovrebbe portare all’interesse collettivo sono state bellamente superate, volutamente ignorate, nonostante si tratti di regole sancite su un documento come la Carta Costituzionale.
Dunque, per lo meno, interviene sempre all’articolo 41, la specifica secondo cui l’attività di impresa non deve essere svolta in contrasto con il rispetto della collettività, della salute e diritti umani. La legge determina i programmi e controlli affinché l’attività economica non leda i diritti sociali e ambientali.
Non so secondo chi mi legge e secondo i miei colleghi giuristi, ma la mia impressione è che anche su questo punto ci siamo ampiamente persi per strada…
Un imprenditore e un’impresa hanno sempre un impatto sulla società, tanto che sempre più fondi di impresa prendono fortemente in considerazione le chiavi di impatto sociale per stabilire se finanziare o non finanziare un progetto di impresa o una sua branca; tuttavia ad oggi l’impatto delle imprese passa per lo più attraverso il green/pink/rainbow washing, cioè lo sposare cause sociali in voga sui social (ambiente e pari opportunità) per nascondere sotto il tappeto le attività tutt’altro che di positivo impatto.
Un’ultima considerazione (o forse due): fregiarsi del titolo di “imprenditore/imprenditrice”, digitale o meno, comporta responsabilità.
Nei confronti dello Stato, dell’Agenzia delle Entrate e nei confronti della Società.
Vuol dire investimenti, vuol dire “fare le cose seriamente”, vuol dire circondarsi di professionisti e avere contezza del proprio ruolo.
Se non si è pronti ad addossarsene le responsabilità, ritengo che non sia opportuno usare una definizione perchè “fa figo”.