“Denunciate!”, dicono. Ma è davvero semplice fare una denuncia di stalking? Alcune riflessioni e indicazioni su come fare per denunciare e come aiutare davvero chi è vittima di stalking.
Possiamo parlare di stalking come una delle infinite sfumature della violenza di genere senza retorica, vero? Me lo concedete? Grazie, procedo.
Quando, da avvocata e persona interna al sistema legge sento reiterare l’invito per le donne a “denunciare al primo schiaffo”, o l’invito a denunciare stalking e stalker, molestatori, presenze invadenti e non desiderate, mi chiedo quante delle persone che fanno, con tanta fiducia nel mondo, questo glorioso invito, abbiano idea di che cosa voglia dire davvero subire molestie, violenze, essere vittima di stalking. Al netto della legge, delle previsioni normative e dell’Autorità. Essere vittima di una violenza di qualsiasi genere. Ci avete pensato mai a come sarebbe?
Onde evitare che un ripetuto invito a denunciare, senza analisi circostanziata della realtà in cui vive una vittima di violenza o persecuzione, faccia passare l’idea che chi non denuncia è parte del problema, vi parlo oggi dello stato emotivo in cui verte una vittima di stalking, cioè una persona che vive in maniera continuata e reiterata la ricezione di messaggi, e-mail, appostamenti sotto casa, velate-ma-neanche-tanto intimidazioni.
Perché denunciare per stalking non è facile
Una persona vittima di stalking, che quasi sempre è una donna [per ragioni socio culturali che sarebbe ora impegnativo riassumere ma di cui sono certa abbiate idea], vive in uno stato che alterna sconforto e angoscia.
Persino un senso di vera e propria nudità.
Uno stalker, che attui la sua abitudine persecutoria via messaggi o appostamenti, lo fa in modo reiterato ma non costante:
non arriva un sms invadente e non gradito ogni giorno alle 12.00 né c’è l’appostamento ogni giovedì alle 19.00.
La vittima non sa quando l’ennesimo messaggio vessatorio e/o invadente, il prossimo appostamento, la prossima telefonata non voluta arriverà.
Quando la vittima inizia a sperare che lo stalker si sia arreso, ecco che se lo ritrova di nuovo sotto casa, all’angolo della strada di rientro dal lavoro, dove l’ha fermata per parlare o chiarire qualcosa il mese precedente, mentre adesso si “limita” a fissarla.
La vittima sa che lui era lì per lei, ma sa (o crede, sbagliando) di non poterlo provare o dimostrare.
Arriva a casa senza che le sia accaduto nulla, sospira, tutto va bene, nessun messaggio.
Forse era davvero lì per caso, pensa. Sto iper-reagendo, pensa. Si addormenta più o meno tranquilla (ma in realtà non lo è).
Si sveglia nel cuore della notte, però. Apparentemente senza motivo. Per uno strano impulso guarda il cellulare e trova un messaggio dell’appostato, che la trascina in un senso di ansia, incertezza, vulnerabilità. Voglia di piangere e urlare dalla rabbia e dalla paura.
Questo è quello che prova una vittima di stalking.
Questo porta la nostra amica a cambiare strada di rientro dal lavoro, facendone una più lunga.
A volte la porta a sentirsi in dovere di cambiare casa o addirittura città. Quasi sempre porta a volersi coprire, vestire diversamente, comportarsi diversamente non perché sia giusto ma perché la fa sentire meno esposta.
La sua libertà personale è già stata lesa, il suo stato emotivo potrebbe peggiorare.
Non è proprio lo stato d’animo giusto per vestirsi di ottimismo e fiducia nella legge e andare in questura a denunciare.
E non è lo stato di una persona libera.
Attenzione, sia chiara una cosa. Faccio questo quadro, che pare – forse – vada a parare in luoghi lontani da quelli che si aspetterebbero da chi esercita la mia professione perchè, sebbene creda che sia fondamentale denunciare le violenze di ogni genere credo altrettanto fermamente che occorre trattare certi argomenti con estrema delicatezza e, soprattutto, mettendosi nelle scarpe, nell’animo e nella testa di chi subisce una comportamento tale. Spesso le vittime non hanno nè la forza nè la voglia di denunciare un bel niente, vogliono solo sparire e rendersi invisibili al loro persecutore. Figurarsi affrontare un procedimento penale!
Detto ciò, però, poichè è necessario portare alla luce questi fenomeni di “troppo amore” (è sarcastico, ma non credo debba specificare. O sì?), veniamo alle indicazioni più concrete su come fare per denunciare e come aiutare davvero una persona vittima di stalking a compiere questo passo.
Cos’hanno in comune gli/le ex *troppo* invadenti e gli stalker, che commettono reato ai sensi di legge?
Ovviamente, non tutte le presenze indesiderate/fastidiose della nostra esistenza possono essere denunciate all’Autorità e del resto, è un dato che non tutte le presenze fastidiose tolgano il sonno e la libertà dell’individuo (ammettiamolo, forse anche noi, almeno una volta nella vita, siamo stati gli/le ex invadenti!).
Ci sono alcuni comportamenti che il legislatore ha considerato (soprattutto se presenti tutti insieme e continui), come penalmente rilevanti, come ad esempio:
- Minacce e molestie;
- Ingenerare uno stato di ansia o paura nella vittima con i propri comportamenti (appostamenti e messaggi di cui sopra, ad esempio);
- Far sì che il soggetto leso abbia un fondato timore per la propria incolumità (o quella dei familiari).
Qual è, quindi, una delle caratteristiche più evidenti dello stalking?
L’invasività inevitabile di questi comportamenti che si manifesta tramite telefonate continue o l’invio di sms o messaggi WhatsApp o altre app di messaggistica istantanea.
Cosa può fare chi è vittima di stalking?
Chi subisce la ricezione di messaggi non graditi, appostamenti, intimidazioni e azioni che compromettono la libertà personale, l’incolumità o la serenità indiviuale può CHIAMARE IL NUMERO 1522, numero Antiviolenza e Stalking.
Sul portale del servizio sono presenti anche i contatti dei referenti regionali, che consentono quando è necessario di essere messe in contatto con i centri antiviolenza più vicini.
Ovviamente è fondamentale trovare la forza e il coraggio di denunciare i fatti alle forze dell’ordine, recandosi in Questura e sporgere denuncia per avviare un procedimento nei confronti del presunto stalker, meglio se portando copie dei messaggi ricevuti (anzi, portate direttamente lo smartphone all’Autorità, saranno loro stessi ad acquisire le eventuali prove o ad indicarvi le modalità più adatte di acquisizione) e un elenco delle date e luoghi degli appostamenti.
Attenzione
I reati di questo genere sono punibili a querela dell’offeso, il che vuol dire che è la vittima a dover denunciare i fatti.
Non i genitori, non i vicini, non gli amici. Solo ed esclusivamente LA VITTIMA.
Per questo motivo, non lasciate solo chi si trova in queste situazioni.
Sappiate che una vittima, subito dopo la denuncia, si sente tutt’altro che al sicuro; di default, si sente solo più esposta a reiterazione, vendetta, atti punitivi. Anche per questo ricordate sempre che denunciare non è facile e non basta invitare a farlo per cambiare le cose.
Cosa possiamo fare se siamo amici/familiari di una persona che sappiamo o sospettiamo essere vittima di stalking?
Non lasciate mai da solo chi è vittima di stalking. Il che non vuol dire trasferirsi a casa sua o sorvegliarlo, ma far capire che c’è una vicinanza emotiva nonché pratica.
Non è per mera speculazione e sfoggio di esperienza se vi ho descritto, in apertura, lo stato emotivo in cui verte una persona vittima di stalking: la premessa serviva per far capire che sminuire il problema non farà che allontanare la vittima dalla giusta scelta di denunciare.
Allo stesso tempo, non bisogna essere troppo pressanti, perché la persona è già sotto stress e rischia di non arrivare lucida all’atto della denuncia.
Se un’amica/o, madre, figlia, figlio vi confessa che sta vivendo situazioni persecutorie, fatevi raccontare i dettagli, i messaggi, aneddoti e sensazioni provate, senza mai delegittimarle.
Accompagnatela mentalmente a capire che ci sono gli estremi per una denuncia, che ci siete voi e quindi andrà tutto bene, che l’accompagnerete a denunciare.
Se lo ritenete utile o necessario, offrite anche ospitalità nei momenti di maggiore vulnerabilità soprattutto se la vittima ha paura per la sua incolumità. Per la cronaca, esistono anche delle associazioni che gestiscono delle case rifugio e offrono ospitalità nei casi più gravi di violenze.
Vi ricordo, da donna, da cittadina esperta di legge e da avvocata, che nessuno può imporvi la sua presenza nella vostra vita.
Non siete soli, anche se vogliono farvelo credere.
Ci sono un sacco di persone che si preoccupano per voi, fatevi aiutare!