Come (e quando) rispondere e reagire alle domande illegali ai colloqui di lavoro? Quali sono queste domande illegali e quali leggi infrangono? Possiamo uscirne indenni e vincitrici?
Molti vogliono sapere quali sono le domande che possono fare ai colloqui di lavoro e si preparano alacremente per fare bella impressione in termini di lessico, preparazione, abbigliamento e anche “risposte strategiche”.
Chi lo fa, fa bene, ovviamente: un colloquio di lavoro è un momento importante non solo perché può dare il via a una nuova avventura professionale ma anche perché è un test con noi stessi, per confrontarci con il nostro modo di reagire quando ci sentiamo “sotto esame”.
Poi però, dopo esserci preparati sulla storia dell’azienda, sulle mansioni richieste, dopo aver scelto con cura l’abbigliamento più rassicurante badando persino all’armocromia… arrivano quelle domande alle quali nessuno vi aveva preparato, nonostante siano drammaticamente frequenti.
- Lei è sposata? E da quanti anni?
- Ha figli? E di quanti anni?
- Progetta di avere figli a breve?
- Ha un fidanzato/una fidanzata?
- Che cosa ha votato alle ultime elezioni politiche?
- Cosa ne pensa di questo governo?
- Lei è credente? E in che cosa crede?
Si tratta di domande e illazioni che a volte non ci vengono neanche fatte davvero con punto interrogativo alla fine, ma magari inserite all’interno di un discorso quasi generale, tipo “Sa, la nostra azienda ci tiene molto alle famiglie; a proposito, lei ha famiglia o ne vuole fare una?”.
Oppure, in modo ancora più celato “Quel colore piace molto a mia moglie! Lei ha una moglie/marito?”, per dare il via alle “confessioni spontanee” sulla vita personale.
Tempo fa ho fatto dei mini video per Instagram in collaborazione con Justknock in cui insieme spiegavamo qualcosa in più su queste domande non lecite e oggi approfondisco la questione qui anche con voi, naviganti del web.
Cerchiamo di districarci in questo groviglio di casistiche e avere strumenti in più per capire quando una domanda o illazione può essere discriminatoria e quando possiamo, forse, rilassarci un attimo.
Da avvocata con un notevole senso pratico e i piedi ancorati nel mondo reale, cerco di darti anche qualche soluzione pratica per uscire indenne da situazioni invadenti e magari non giocarti il posto.
Per districarti quotidianamente nel mondo dei tuoi
diritti, sul digitale e oltre, seguimi anche su Instagram.
Perché alcune domande sono illegali?
Partiamo con il dire che alcune delle domande su elencate, indipendentemente da come vengono poste in un colloquio di lavoro, violano diversi regolamenti, tra cui la legge sui diritti dei lavoratori e il GDPR, cioè il regolamento che tutela i nostri dati personali e sensibili.
Ad esempio, le domande sullo stato civile o sentimentale o sulla voglia di maternità, violano l’Articolo 27 del codice delle pari opportunità, il quale dice chiaramente che non devono esserci discriminazioni sul lavoro tra uomo e donna e che tali discriminazioni non possono essere perpetrate attraverso domande su stato civile e sentimentale in genere o maternità.
In tal caso, a dirla tutta, ci tutela anche il tanto temuto e spesso incompreso GDPR, cioè il regolamento che tutela i nostri dati sensibili (non solo sul web); secondo il Regolamento Generale su Trattamento dei Dati, un trattamento deve essere effettuato in modo tale che non risulti discriminatorio per l’interessato.
Non ve lo devo spiegare io il motivo per cui chiedere di matrimoni, fidanzamenti o genitorialità, soprattuto per una donna, può essere un discrimine nell’ottenimento di un posto, vero?
Attenzione, perché le domande sullo status sentimentale di un candidato possono essere discriminatorie sia per uomini sia per donne, dal momento che svela anche orientamenti sessuali e il riconoscersi o non riconoscersi, da parte del candidato, in un genere o in un altro.
Poi ci sono anche le domande legate all’orientamento politico e religioso, che sono altresì contra legem dal momento che, secondo l’Articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori, è vietata qualsiasi indagine sulle opinioni politiche, religiose e sindacali o che comune non siano pertinenti alla prestazione lavorativa.
Come rispondere alle domande invadenti nei colloqui di lavoro?
Come reagire di fronte ad una domanda illegale di un datore di lavoro?
Per legge avete, ovviamente, il diritto di non rispondere a queste domande; la cosa più ovvia, in un mondo lineare e perfetto, sarebbe rispondere “So di non essere tenuta, per legge, a rispondere a qualsiasi domanda relativa alla mia vita personale”.
I più agguerriti possono anche dire “Lo sa che questa domanda non è legale?”.
Ma… diciamoci la verità, né il primo suggerimento men che mai la seconda risposta vi porterebbero ad avere quel posto e a restare di fronte allo scrutatore per più di dieci altri minuti.
Ipotesi più soft, in merito a domande sullo stato civile o situazione sentimentale e familiare:
“Lei ha una famiglia/figli/vorrebbe avere figli?”
“indipendentemente dal mio status sarò in grado di garantire la disponibilità richiesta all’azienda per come indicato nell’annuncio”.
Per domande sulla fede religiosa o il credo politico,
“Le mie opinioni politiche/il mio credo religioso non influirebbe in alcun modo sulle mie prestazioni nei confronti dell’azienda!”
Evergreen molto versatili e ruffiane:
“La mia vita personale non ha mai influito in alcun modo sul mio lavoro; con la vostra azienda non farei eccezione.”
“Non lascio mai entrare famiglia/politica/religione nella mia vita professionale. Credo sia la cosa più sana per me e per l’azienda”
“Tutti mi hanno sempre invidiato la capacità di scindere vita personale dalla vita professionale”.
Quando è meglio non rispondere ed essere noi a non far superare il colloqui al datore di lavoro
Spesso per piccole e medie aziende, la paura di assumere una risorsa e doverla sostituire nel giro di un anno è un grande limite, anche economico: molti datori di lavoro non lo fanno neanche per cattiveria e, con una risposta centrata e assertiva si pentono persino di aver fatto una domanda non in linea ai regolamenti generali e con una sana etica.
Altre aziende, invece, inutile negarlo, non sono inclusive e vogliono davvero sapere se la risorsa che stanno reclutando sarà in grado di dedicare vita, giorno, notte, festivi e feste comandate “alla causa”, alla quale figli, fidanzati, genitori malati stanno stretti.
Per non parlare del fatto che in molte aziende c’è un razzismo o omofobia latente, spesso non dichiarata, che viene fuori in molti modi subdoli, tra cui i colloqui.
In tal caso, anche se doveste superare il colloquio, sappiate che la vostra vita lavorativa andrà incontro a frustrazione e costanti battaglie per il semplice diritto a non essere disturbati la domenica. Figuriamoci cosa accadrà in caso di figli, matrimoni, persone alle quali dare supporto.
Se ci rendiamo conto di essere di fronte a scrutatori troppo attenti al nostro tempo di vita e ai nostri spazi, consideriamo l’ipotesi di rispondere in maniera consapevole sull’illegalità di alcune domande, correndo fieramente il rischio di non avere il posto.
E ricordate sempre che esistono gli avvocati (come me) e la legge, che possono aiutarvi a rivendicare diritti e denunciare soprusi.
Cari datori di lavoro, care aziende, vi vogliamo bene e quindi vi diciamo come la vostra etica può incidere sul vostro fatturato.
Ma forse sono io che ho frainteso? Forse era solo curiosità o voglia di mettermi a mio agio?
Come su detto, l’indagine sulla vita del candidato ad un colloqui di lavoro non si manifesta sempre attraverso domande così esplicite, bensì attraverso incisi nella conversazione.
Per carità, può anche capitare di avere un reclutatore molto curioso o che cerca (male) di metterci a nostro agio.
Tuttavia, considerando l’importanza di un colloquio di lavoro nella vita di una persone e anche di un’azienda, è bene badare a ciò di cui è opportuno parlare in tale sede.
Il colloqui di lavoro è un contesto in cui si parla di lavoro, di competenze, di opportunità e formazione; anche se un datore di lavoro o scrutatore è semplicemente “curioso” o un benefattore interessato alla vita delle persone, non è questo il giusto momento per dimostrarlo.
Dopo l’assunzione, eventualmente, ci sarà tutto il tempo per conoscersi meglio, parlare di politica, figli, lamentarsi di mogli, mariti, fidanzati, cani e gatti.
Ecco, quest’ultima frase ve la lascio come Jolly da giocarvi in un colloquio, dopo una domanda inopportuna.