Esiste una tutela dalle fake news prevista dalla legge? Siamo in qualche modo protetti come fruitori o come ipotetiche vittime dirette?
Te lo spiego in modo facile ma non banale.

Tempo fa abbiamo parlato su Instagram, negli spazi quotidiani di legge e bionditudine al quale vi invito a partecipare, di fake news e mi è stato chiesto se c’è una pena per chi le diffonde. Rispondo a breve e nel dettaglio a questa domanda, ma partiamo dalle basi lessicali che precedono quelle legali: che cosa sono le fake news? Sono le notizie false? E se sì, che bisogno c’è di dare un ennesimo nome che buona parte della popolazione italiana non comprende?

Che cosa sono le fake news

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ph. Max Muselmann – unsplash

Contrariamente a quello che molti pensano, la parola inglese fake news non vuol dire “notizie false”: il termine notizie false implica la narrazione di un evento non avvenuto, la diffusione di una menzogna, un’informazione mendace di qualcosa mai avvenuto.

Il termine inglese fake sta per fasullo, tendenzioso, distorto. Il motivo per cui è nato questo neologismo è legato alla facilità e velocità con cui sul web si diffondono titoli approssimativi e “furbacchioni” per attirare click, dal momento che dai click si generano i fatturati di grossi gruppi editoriali e non solo. Una fake news ha altresì l’intento di manipolare non solo la realtà, quanto la reazione e le azioni delle persone.

Ci sono dei casi in cui Stati e sistemi politici mettono in piedi complesse strutture per creare fake news, veri e propri generatori di idee e opinioni tendenziose; ne è un esempio il caso del presidente brasiliano Bolsonaro, che nella primavera 2020 è stato coinvolto nello scandalo della della macchina generatrice di fake news creata da suo figlio, attraverso la collaborazione con blogger e giornalisti.

Purtroppo oggi, data la facilità di diffusione di concetti e opinioni e soprattutto dato l’accesso a internet di una fascia di popolazione che non sempre ha gli strumenti per discernere il vero dal falso e il quasi vero dal quasi del tutto falso, la proliferazione di fake news è più capillare della diffusione di menzogne vere e proprie. Probabilmente, anche più pericolosa.

Ma veniamo al punto giuridico: Esiste una legge che ci tutela dalle fake news?

La cattiva notizia: non esiste, ad oggi una legge che ci tutela dalle fake news

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ph. Maxim Ilyahov – unsplash

Non esiste, ad oggi, in Italia, una specifica previsione che punisca la diffusione di fake news.

In sede europea se ne discute almeno dal 2017, ma per adesso non ci sono normative specifiche in fase di approvazione.

Ma la giurista purista che è in me, nell’attesa che si legiferi in modo specifico sulla diffusione di notizie fasulle, manipolative, a ridosso tra opinione e menzogna in malafede, si chiede se possiamo fare qualcosa nel frattempo per tutelarci e, inoltre, si chiede… se c’è davvero bisogno di una legge specifica che ci tuteli dalle fake news.

Forse sì, forse no ma nell’attesa potremmo rispolverare degli ottimi strumenti di tutela.

campagna delle Nazioni Unite contro le fake news – unsplash

La buona notizia: forse non serve una previsione specifica per tutelarci dalle fake news

Il bravo legislatore deve prevedere una normativa generale e astratta, che si possa adattare alle evoluzioni della società e tra un attimo vi citerò dei casi in cui questo è avvenuto.

I nostri codici e la nostra legislazione (ricordiamo che siamo sempre in un sistema di Civil Law in cui è la norma a farla da padrone e non i precedenti giurisprudenziali come nelle legal series americane) hanno delle previsioni che potremmo adattare all’avanzata della tecnologia.

E infatti, il nostro Codice Penale prevede, ad oggi, delle disposizioni che potrebbero essere usate anche contro la diffusione di fake news.

Ve ne indico alcune:

tutela dalle fake news
ph. Thalles Cardoso – unsplash
  • L’Articolo 265 del Codice Penale parla di disfattismo politico e che prevede una pena per chi diffonde o comunica notizie false, esagerate e tendenziose che possano “destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico”.
    Unico problema: questa previsione legislativa, tutelando “l’interesse dello Stato a salvaguardare la fermezza, la coesione interna e la capacità di resistenza di fronte al nemico in tempo di guerra“, pare di difficile applicazione in un contesto come quello odierno.
  • Esiste inoltre la previsione dell’Art. 656 dello stesso Codice Penale, relativo alla diffusione di notizie false e tendenziose (anche via web) la quale recita:

    “Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato[265, 269, 501, 658], con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.”


  • L’art. 661 del Codice Panale, ancora, punisce chi abusa delle credulità popolare, sfruttando la “semplicità” di alcuni soggetti sociali che hanno a disposizione meno strumenti per decodificare la realtà. E in uno Stato come il nostro, in cui si stima una presenza massiva di analfabeti funzionali, non è cosa da poco.

    “Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.”

    Questo articolo fa addirittura riferimento all’articolo 121 del Decreto Regio 18.6.1931 n. 773. del TULPS di pubblica sicurezza (che è stato aggiornato, chiaramente. Tuttavia ci fa comprendere come le “prese per il naso” siano fenomeno antico e già conosciuto dal legislatore).
    L’ultimo comma di questa norma vieta il “mestiere di ciarlatano”, la cui definizione è piuttosto ampia e lascia all’interprete (giudice) definire, nel caso specifico, chi è un ciarlatano.
    Nella denominazione del mestiere di ciarlatano va compresa ogni forma di attività esteriore che si fonda sulla credulità, ingenuità o ignoranza dei ceti meno evoluti” (siamo in tempo fascista e il legislatore non era particolarmente politically correct).

La società di allora non conosceva internet, certo, ma era composta, come oggi, da una popolazione che non sempre aveva gli strumenti per decodificare le informazioni. Come nel 1931 molte persone credevano nei “lettori dei sogni”, oggi molte persone usano internet senza conoscerne bene i pericoli, non sanno comprendere la differenza tra una notizia reale, un articolo di opinione e un’informazione mendace, manipolativa, cioè una fake.

In estrema sintesi, al momento creare e diffondere fake news non è definibile come reato, ma esistono svariate fattispecie che possono già colpire i comportamenti incriminati e possiamo fare del nostro meglio con quello che abbiamo, nel caso in cui una o più fake news si rivelino particolarmente pericolose a livello sociale . (Legislatore, mi senti?)

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