Il telefono mi ascolta”, ormai non è più una frase da visionario ma qualcosa che abbiamo constatato, e i più pratici con il mondo smart sanno anche perché è così facile per una App (o meglio, per i soggetti che raccolgono dati tramite l’App), sapere quello che diciamo (oltre che dove siamo, con chi siamo, con chi usciamo ecc. ecc. ecc.).

Ci siamo passati tutti, negli ultimi 15 anni.
Il sospetto che qualcuno ci spiasse e la sempre più concreta certezza che queste spie fossero nel nostro cellulare ci è balzato alla mente quando quella sera, parlando con l’amica, a cena, dello zainetto che tanto andava di moda ai tempi del liceo, il giorno dopo la promozione di quello zainetto è apparsa (anche ripetutamente) sui social, nella SERP di Google sotto forma di inserzione, nel banner pubblicitario del nostro web magazine preferito.

Ne parlavamo scherzando con amici e parenti ma poi, in realtà, tutti avevamo lo stesso sentimento, che a lungo abbiamo giustificato con “coincidenze”, casi fortuiti e persino con la psicologia e i bias di conferma (cioè quando cerchiamo intorno a noi tutte le prove che danno ragione ad una nostra intuizione, anche se abbiamo torto).

Ma alla lunga, le intuizioni sono diventate segnalazioni al Garante della Privacy, aumentate a dismisura dopo una serie si servizi televisivi in programmi molto noti che confermavano quanto per molti anni avevamo solo constatato: usiamo decine di App che ci ascoltano e vendono i nostri dati, anche sotto forma di codifiche vocali.

In media, il GDP ha calcolato che ognuno di noi ha circa 80 app che vendono i nostri dati ad aziende terze e tra questi dati ci sono anche le cose che diciamo.

Il Garante della Privacy ha dunque avviato un’istruttoria, già a fine 2021, insieme al nucleo speciale della Guardia di Finanza, per accertare il rischio per gli utenti e l’abuso delle società dei dati degli utenti, comprensivi dei dati vocali e audio che vendono trasformati in dati commerciali.

Differenza tra App che vendono dati e App Spia

cyber bullismo - denuncia
ph. bermix studio -unsplash

E’ bene non confondere l’attività illecita delle aziende che utilizzano i dati processati dalle “comuni” app che utilizziamo per i motivi più disparati, e l’uso illegale che gli utenti stessi spesso fanno delle App di monitoraggio, anche dette “App Spia”.
Queste ultime sono delle applicazioni create in origine affinché i genitori potessero monitorare le attività dei figli minorenni per proteggerli dai rischi del web, ma purtroppo usate sempre più spesso per spiare i partner o ex partner.


Niente a che vedere, invece, con le applicazioni che noi ignari utenti scarichiamo semplicemente per editare foto, cercare ristoranti, fare ginnastica facciale, monitorare il ciclo mestruale, contare i passi e i battiti cardiaci…. che vendono le nostre abitudini di vita e le nostre frasi nei momenti privati ad aziende che vogliono venderci qualcosa (ammettiamolo, però, era prevedibile che tutti questi servizi non si basassero semplicemente sullo spirito liberale delle società che le commercializzavano).

Su come proteggersi dalle App Spia e cosa fare se ci rendiamo contro che qualcuno ci sta spiando contro la nostra volontà, ho scritto qui un approfondimento.

Come evitare che le nostre App vendano i nostri dati?

Ci sono dei modi per impedire al telefono di spiarci o, più correttamente, per non rendere lo smartphone il veicolo che invia i nostri dati più privati ad aziende che farebbero qualunque cosa per venderci qualunque cosa.

Ed è lo stesso Garante della Privacy ad aver creato delle schede per semplificare le buone pratiche di sicurezza sui nostri dispositivi.
Sono buone pratiche delle quali anche qui, e sul mio account Instagram, parliamo spesso, quindi ti invito a seguirmi per sapere sempre tutte le novità in termini di privacy e diritti digitali.

Io sono l’Avv. Valentina Fiorenza, esperta in GDPR, privacy e diritto digitale.

Contattami se credi che i tuoi diritti sul web siano stati volati o se hai bisogno delle informative per rendere il tuo sito web rispettoso dei tuoi lettori (e a norma di legge).

Ecco dunque un elenco di azioni semplici che possono diventare buone abitudini per evitare che anche la nostra voce diventi uno strumento usato da sistemi illegali di scambio e vendita di dati.

  • Stiamo attenti a quello che scarichiamo

Mai troppo ovvia, come raccomandazione; spesso scarichiamo App per curiosità, perché ci appare una promozione su Instagram, perché è gratis, ma poi la lasciamo lì, inutilizzata. Ricorda sempre che se una App è gratuita, la merce di scambio sono sempre i nostri dati per cui ti suggerisco, a partire da ora e poi con regolarità ogni 5-6 mesi, di dare un’occhiata a tutte le tue App ed eliminare quelle che non usi (mai o più).
Farai anche spazio prezioso sul telefono, migliorandone le performance.

  • Non diamo l’accesso a microfono e gallery alle App in cui non serve

Se una App serve per editare le foto con dei preset, a cosa serve l’accesso al microfono? Non serve per usare l’App, quindi non serve dare l’autorizzazione ad accedere al microfono.
Se una App ci serve per contare i passi e calcolare le calorie bruciate, a cosa serve l’accesso a fotocamera, rullino, microfono? Esatto, non serve! Quindi non diamo l’accesso.

  • Se proprio serve l’accesso al microfono, diamolo solo quando l’App è in uso
  • Leggiamo SEMPRE quelle maledette informative sul trattamento dei dati

per capire quali e quanti dati potranno essere raccolti, come potranno essere utilizzati, per quali fini, da chi.

Se queste informative non sono chiare e trasparenti, o se sono parziali e non veritiere (ad esempio, se crediamo che una App venda i nostri dati processati da microfono senza il nostro consenso esplicito) facciamo una segnalazione al Garante della privacy (in questo articolo ti dico come fare una segnalazione al GDP)

app spia

Abbiamo un mondo molto simile ad un romanzo dispotico, ma che di fatto è reale, che anche noi utenti abbiamo, con leggerezza e per approfittare degli enormi e innegabili vantaggi del web e del mondo smart, avallato e coadiuvato.

Viviamo con una scatola nera che è l’estensione del nostro braccio, dormiamo con il cellulare ascoltando podcast, ci svegliamo con il cellulare per controllare il meteo, ci distraiamo per ore scrollando TikTok e Instagram, dando tutti i nostri comportamenti e abitudini non solo di acquisto ma di vita a grandi colossi dei big data.

Siamo nel mondo che noi stessi abbiamo contribuito a creare. Almeno impariamo a difenderci, finché non decidiamo di cambiarlo.