Il revenge porn consiste nella condivisione non consensuale di materiale sessualmente esplicito che ritrae chi ne è vittima; per quanto la vittima di revenge porn abbia, il più delle volte, essa stessa fornito tale materiale, se non ne autorizza la condivisine e diffusione quest’ultima costituisce reato.
Quello che chiamiamo revenge porn è rubricato per il nostro codice penale come “Diffusione illecita di video e/o foto sessualmente espliciti”.
Per il Codice Penale, non è – ovviamente – illecito inviare materiale intimo e sessualmente esplicito ad un partner, ma lo è diffonderlo senza il consenso della persona ritratta; ribadiamo inoltre che ad essere penalmente perseguibile non è solo la prima persona che diffonde il video o la foto, ma anche chi la inoltra e re-invia ad altri, su qualunque social, chat, email, canale web.
La pratica della condivisione di materiale intimo tra partner o persone che flirtano è in realtà una pratica molto diffusa, in totale buona fede, per il solo fine di vivere una parte dell’eros che si è diffusa moltissimo negli ultimi anni, complici probabilmente, da un lato la diffusione e il perfezionamento delle nuove tecnologie, dall’altro due anni di pandemia.
La vulgata vuole che nell’alveo del revenge porn (ed è lo stesso nome che lo suggerisce) rientrino esclusivamente tutti quei casi scaturiti dalla vendetta derivante da ipotetici torti generatisi alla fine di relazioni, lunghe o di poche settimane.
In effetti alcune casistiche ci narrano di dinamiche, generate da una scarsa maturità emotiva o da retaggi misogini e sessuofobi (le vittime sono soprattutto donne), che disegnano una realtà in cui chi commette il reato di revenge porn lo fa con l’idea di mettere in cattiva luce una partner, più o meno consapevoli che quello che appare un semplice dispetto o una “bravata” può portare una persona al suicidio. In realtà le cronache ci dicono che i casi revenge porn spesso non contengono alcuna volontà di vendetta: il materiale intimo – consegnato con fiducia ad un determinato soggetto – viene diffuso semplicemente perchè si è nella possibilità di farlo, disinteressandosi alle conseguenze in capo alla persona ritratta.
La norma infatti, non prevede alcuna particolare volontà per la configurazione del reato, prescrivendo semplicemente che viene punito “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” (art. 612 – ter c.p.)
In questo articolo approfondito spiego nel dettaglio cosa fare se si è vittime di Revenge Porn, per denunciare l’ex amante, marito, fidanzato/fidanzata o qualsiasi persona che diffonde materiale esplicito senza il tuo consenso.
Oggi parliamo invece di azioni che possono essere fatte a monte, prima ancora di procedere con una denuncia, quando sappiamo che qualcuno potrebbe iniziare a diffondere del materiale che ci ritrae e riguardo e alla cui diffusione vogliamo opporci.
Sono l’Avv. Valentina Fiorenza, esperta in diritto digitale, tutela dei vostri dati, GDPR e diritti sul web.
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Cosa fare se un nostro video/foto intimo viene diffuso senza il nostro consenso?
Se sei una vittima di revenge porn, puoi denunciare il reato alla Polizia postale (e ti invito a navigare il relativo sito dove troverai tante informazioni sul tema).
Inoltre è opportuno rivolgersi al anche titolare del trattamento, cioè alla piattaforma su cui viene condiviso il materiale, o al Garante per la protezione dei dati personali (www.gpdp.it) per impedirne la condivisione.
Se la condivisione avviene attraverso Facebook o Instagram, è bene sapere che esiste un progetto realizzato con la collaborazione di Facebook – Meta insieme al Garante Privacy che consente, tramite una segnalazione, di bloccare un contenuto sessualmente esplicito PRIMA che venga diffuso, quando vi sia fondato timore che questa diffusione avvenga davvero.
Ecco come bloccare la diffusione di materiale sessualmente esplicito su Facebook e Instagram:
- Vai sul sito del Garante Privacy, sezione Temi, sotto sezione “nuove tecnologie”, voce “Revenge Porn“
- Troverai la normativa, che invito tutti e tutte a leggere, e un vademecum sul tema;
- In fondo alla pagina trovi un modulo in modello semplificato da compilare per indicare le informazioni del caso in cui inserire i dati del segnalante, una breve descrizione del fatto, firma e data
- Dunque è possibile inviare il modulo compilato a revengeporn@gpdp.it
Cosa accade, dunque?
Nel modulo semplificato viene indicato un link attraverso il quale è possibile caricare direttamente le immagini che temiamo vengano diffuse.
Una volta caricate, le immagini verranno cifrate da Facebook tramite un codice “hash”, in modo da diventare irriconoscibili prima di essere distrutte e, attraverso una tecnologia di comparazione, bloccate da possibili tentativi di una loro pubblicazione sulle due piattaforme.
Sarebbe bello se un sistema simile fosse possibile da applicare anche sulle tantissime altre piattaforme attraverso le quali si perpetra il reato di revenge porn, come WhatsApp e Telegram, i più utilizzati.
Ma ad oggi non è così e nonostante sia legalmente possibile agire, affrontare la gogna e la frustrazione di sapere che la propria intimità è stata diffusa senza il nostro consenso val bene un consiglio di prudenza preventiva.
Non mettiamo mai tutti gli aspetti della nostra vita nelle mani di altri, perché degli altri non abbiamo il controllo; non sappiamo cosa e chi sarà, tra 10 anni, la persona con la quale scegliamo di metter su famiglia, figuriamoci chi conosciamo da pochi mesi.