
La maggior parte delle aziende digitali che ho incontrato è guidata da donne, perché?
Navigando su internet, mi imbatto giornalmente in imprese digitali di qualsiasi tipo: dal social media marketing, passando per la grafica e il web design, arrivando all’assistenza virtuale.
Questa osservazione diretta si rende ancora più interessante sui social, che meglio “targettizzano” (ahimè) i miei interessi.
Da oltre un anno, infatti, curo con costanza il mio profilo Instagram di divulgazione giuridica theblondlawyer e la mia osservazione diretta mi ha fatto notare che queste sono moltissime le imprese digitali che sono capitanate da donne.
Il self-made man è stato sostituito dalla self-made woman
Il self-made man, termine che hanno inventato gli americani nell’Ottocento per descrivere chi si è fatto una posizione con il proprio lavoro, partendo dal nulla e senza l’aiuto di altri, in Italia a mio avviso è anche e soprattutto Donna.
Ma perché?
A ben guardare il mondo reale, in un Paese con un impronta patriarcale così spiccata come l’Italia, dove in alcuni luoghi le Istituzioni si fanno foriere di aneliti ideologicamente medievali, la cosa ha perfettamente senso.
L’Italia non è un paese per femmine (che lavorano)
Pensate che stia esagerando?
Consideriamo un giorno di colloqui a caso, in un’azienda a caso, per una posizione a caso e con una candidata a caso di anni c.a. 28.
Arriverà, puntuale come il Natale, la fatidica domanda: «Lei ha figli?» seguita, in caso di risposta negativa, dalla conseguente «Ne vorrebbe avere?».
Non importa se siamo nel XXI secolo già da un ventennio, l’idea che una lavoratrice femmina sia “problematica” e quindi, tendenzialmente indesiderata, è insita al sistema.
Sistema che per altro, anziché porre dei correttivi, facendo divenire equo l’accesso e il reinserimento al lavoro di uomini e donne, scarica tutte le sue inefficienze sulle proprie parti più deboli (e sacrificabili).
Non sentite odore di anni ’50, nell’aria?
È così frizzante al mattino!
Le donne lavoratrici, i Diavoli del focolare
Si potrebbe obiettare che sono ormai tante le aziende che non considerano i lavoratori differenti in base al sesso…
Bene, allora ad operare questa distinzione, nei fatti, sarà la società.
Come sempre.
Le donne, tradizionalmente, si devono occupare di figli, mariti/compagni/conviventi che non trovano i calzini nel cassetto dei calzini ed eventuali parenti anziani con aiuto, per lo più marginale, da parte di altri componenti (maschi) della famiglia.
Questa situazione, esacerbata dalla pandemia globale, non ha risparmiato nessuno (sia chiaro, neanche il livello di istruzione delle donne in questione riesce ad apportare dei correttivi a questo stato di cose): in un recente studio le dott.sse Inno, Rotundo e Piccialli hanno dimostrato che
“rispetto alla media degli ultimi tre anni, risultano significativamente meno le pubblicazioni [scientifiche] con una prima autrice donna, mentre quelle guidate da uomini sono addirittura in leggero aumento sulla media degli anni precedenti.”
Una coincidenza? Io non credo.
Il Web, a differenza della società, è meritocratico

Non certo per indole, ma per tecnicisimi.
Dinnanzi a questa situazione così desolante e priva di reali opportunità, in cui a fare le maggiori spese sono le donne con figli e famiglia, Internet rappresenta una possibilità di riscatto per via del suo funzionamento.
Ai grandi colossi dell’internet (Google, Facebook, Instagram e compagni), importa poco se sei maschio o femmina.
Quello che importa è quanto “vale” ciò che dici, ciò che crei.
Questo “valore” si calcola in base a quanto gli utenti apprezzano ciò che produci/comunichi, con visite al tuo sito o interazioni al tuo contenuto social.
“Che bravi i colossi multimilionari del digitale”, mi direte voi. Ma anche qui non ci sono favole, è semplicemente business.
Questa “visibilità” nella maggior parte dei casi, non è gratis; viene anche e soprattutto venduta attraverso le famose campagne di advertising online (vedi Google e Social Ads).
MA
resta il fatto che ciò che viene venduta è solo la visibilità, cioè il mostrare il contenuto web a più persone, mica la natura dell’interazione!
In soldoni, se un post non mi piace o non lo trovo di valore, il Signor Instagram può mostrarmelo quanto vuole, lo ignorerò (e lo farete pure voi).
Esistono, per altro e ad onor del vero, moltissimi influencer che vengono seguiti da parecchie persone senza aver speso un euro in Ads, esclusivamente perché creano contenuti interessanti per il loro pubblico.
E ora chiediamoci, alla luce della “meritocrazia” del web, come mai le imprenditrici donne decidono sempre più spesso di investire proprio in queste attività.
Imprenditrici digitali: perché sono sempre di più?

Perché, all’inizio, costa poco o niente
Si può mettere su un’impresa artigiana appoggiandosi su piattaforme, come l’americana Etsy ad esempio, dove si possono inserire i propri prodotti e pagare allo shop una percentuale sulle vendite;
Si può creare un personal brand sui social network praticamente gratis (ma ci vuole veramente tanto impegno); si possono utilizzare strumenti gratuiti per creare le proprie grafiche e stabilire con quali modalità e tratti distintivi il cliente conoscerà l’impresa.
Perché il web è liquido
Questa liquidità fa sì che non si pieghi, per lo più, ad orari di ufficio.
Ogni professionista/ artigiana investe nella propria attività il tempo che ha a disposizione e quando lo ha a disposizione.
Il che vuol dire che se le creature sono a scuola, la mattina sarà il momento giusto per dedicarsi alle attività che hanno bisogno di concentrazione e, se c’è una febbre improvvisa delle creature di cui sopra, non ci sarà nessun datore di lavoro a cui dover chiedere un permesso (magari con la paura che venga rifiutato) e non ci sarà nessuna bottega da dover tenere aperta. L’internet è ovunque e sempre.
Spessissimo, non si ha neanche bisogno di un ufficio
I siti internet diventano botteghe e studi virtuali sempre aperti per la consultazione e con un servizio di consulenza o di assistenza alla clientela che risponde in orari di ufficio (e, a volte, anche molto oltre ma si sa com’è la P. Iva!)
Avete mai sentito parlare delle I.A.D? Sono Imprese alimentari domestiche.
Nascono dalle pieghe del Reg. CE 852/2004 che, in parole poverissime, consente di creare un’attività d’impresa nella cucina di casa, seguendo determinate regole e ottenendo determinate autorizzazioni. Questo, secondo me, è uno degli esempi più lampanti: grazie alla rete (perché è tramite internet che ci si fa conoscere e trovare da clienti e potenziali tali) alcune donne creano imprese che nascono, crescono e prosperano dentro la propria casa.
E così tante altre professioni, soprattutto intellettuali che, spesso, hanno appena bisogno di un computer.
Insomma, la rete non soffre (troppo) l’invidia del pene
Non erige barriere, non crea percorsi ad ostacoli, non odia le donne.
È vero, ama i soldi spesi in advertising, i dati personali dei propri utenti che vengono catalogati solo attraverso le proprie preferenze di navigazione che, ehi!, considerato a quanto siamo abituate, a quante catalogazioni dobbiamo sopportare e superare, è decisamente democratico!