Open to Meraviglia è una campagna che, da un punto di vista legale, ha avuto alcune “sviste”; questo post non vuole essere una delle tante critiche alla campagna in sé, alla riuscita, estetica o concept su cui si fonda, ma un’occasione per ricordare alcune attenzioni utili che società di web marketing, social media manager e, in genere, professionisti della comunicazione devono adottare qualora vogliano evitare scivoloni potenzialmente dolorosi. O dispendiosi.
Al netto delle specifiche creative e tecniche, sulle quali non ho alcuna competenze, la campagna “Open to Meraviglia” realizzata dal Ministero del Turismo ed Enit con il contributo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio, offre alcuni interessanti spunti.
Da legale che si occupa di aziende e solopreneur ed esperta di marchi, privacy e copyright, ho notato alcune sviste che, probabilmente, non tutti possono permettersi a cuor leggero.
“Open to Meraviglia” è il nome della campagna di promozione turistica destinata principalmente ai turisti stranieri commissionata da ENIT, Agenzia Nazionale del Turismo, nata da un’idea creativa del gruppo Armando Testa, storico gruppo pubblicitario con sedi in tutto il mondo, firmatario di molte campagne pubblicitarie che da anni vediamo sui nostri giornali e tv.
La campagna “Open to Meraviglia” propone una Venere di Botticelli, o meglio, una versione della Venere conformata agli standard estetici dei giorni nostri, che grazie all’intelligenza artificiale e lavori di grafica, diventa una virtual influencer che mostra vari luoghi d’Italia, attraverso video e spot, nelle sezioni di regioni e sub territori sul sito web della campagna.
Al netto del caso specifico, come dicevamo, questa vicenda ci offre l’opportunità di analizzare, dal punto di vista legale, quali sono gli elementi principali di una campagna pubblicitaria. E magari, metterli a posto prima dell’uscita.
Cose da fare nelle campagne promozionali e modalità per comunicare un brand.
1. Registrazione del marchio
Registrare un marchio è il primo passo per tutelare un progetto, un concept, un’idea o un’azienda.
Registrare i marchi corrisponde all’assicurarsi la proprietà di nomi e loghi correlati al progetto, al prodotto o al brand per le classi di interesse e dunque, poterne effettuare l’utilizzo indisturbato.
Non eseguire questo primo passo di tutela potrebbe essere piuttosto problematico e potrebbe mettere in serio pericolo non solo l’intera campagna ma anche – e prima di tutto – il concept che è stato pensato per essere diffuso nei confronti dei clienti target.
Leggi come registrare un marchio
2. Acquisto e registrazione dei domini
La tutela dei nomi a dominio segue quella del marchio e registrare tutto insieme è doveroso.
Il diritto ci insegna che la tutela dei domini segue quella dei marchi. Ed è anche abbastanza logico: se sono proprietaria del marchio FRAGOLINA87, ragionevolmente, mi interesserà usare il dominio www.fragolina87.it/.eu/.com o qualsiasi altra estensione desiderata. Sarebbe irragionevole, infatti, registrare il marchio FRAGOLINA87 e acquistare il dominio www.fragolinafruttamista.it/.eu/.com; da ciò consegue che, ai fini di una tutela, è necessaria una coincidenza di nomenclatura tra il marchio e il dominio. Inoltre, a latere, ricordo che le pratiche di cybersquatting (cioè l’acquisto di un dominio particolarmente “importante” e trovato libero, al solo scopo di rivenderlo a chi ne abbia interesse) costituiscono, a vario titolo, attività illecite.
Ah, pare pure superfluo ricordarlo: non dimentichiamo anche di inserire nel nostro progetto di conquista del mondo, anche l’acquisizione del nome che ci interessa sui social network all’interno dei quali vogliamo posizionarci.
3. Trasparenza
Tutte le campagne pubblicitarie hanno alla base un obbligo legale di trasparenza nei confronti dei consumatori. Il motivo è presto spiegato: la comunicazione trasparente permette ai destinatari della pubblicità di decidere in maniera autonoma e non viziata di acquistare un bene o servizio o di seguire un determinato personaggio (nel caso di campagne per personal branding); qualora non ci sia una decisione totalmente autonoma ecco che interviene il diritto a proteggere la parte debole del rapporto. Con conseguenze – per l’incauto titolare della campagna – che possono andare da sanzioni ad assunzioni di impegni vari passando, in ogni caso, per un danno reputazionale di cospicue dimensioni. Oltre che la perdita di fiducia da parte del cliente target.
Consigli in più per agenzie di marketing
E’ utile ricordare ulteriormente, soprattutto agli amici delle agenzie di comunicazione e marketing, che belli i contratti di collaborazione ma non dimentichiamo gli obblighi di riservatezza. Probabilmente non serviranno sempre, eppure, in certi casi sarà utile (o piuttosto, vitale – oltretutto vi fa fare una figura da fighi coi clienti – ) vincolare con accordi di riservatezza eventuali collaboratori/dipendenti/partner.
Parlando poi delle “cose della praivasi,” è sempre importante effettuare un serio assessment per verificare i vari ruoli dei soggetti in relazione al trattamento dei dati (no, non è una sciocchezza, che poi ci si ritrova a fare i titolari autonomi, con le relative responsabilità senza neanche saperlo).
In ultimo, ricordo che ogni tipo di sponsorizzazione va comunicato al pubblico di riferimento in maniera chiara, come vuole la Digital Chart (usando i giusti hashtag per le sponsorizzate, come, ad esempio #adv) e gli ordinari obblighi di trasparenza.
Da questa breve e sintetica analisi, appare piuttosto lampante che: le campagne pubblicitarie non possono essere realizzate da dilettanti; è necessario quindi rivolgersi a professionisti qualificati; i professionisti qualificati SANNO che le campagne pubblicitarie devono essere conformi alla legge ( Do you know campagna marketing legale, no?). E per far sì che le campagne siano conformi alla legge, occorre servirsi di professionisti del settore legale verticalizzati sul marketing. Tipo me, ad esempio.