Aiuto, i Reel sono muti, dopo il mancato accordo tra META e SIAE per il rinnovo del loro contratto! Molti creator si sentono (e, va detto, a ragione) lesi nel loro lavoro, molti rimpiangono il tempo perso in lavori che ora appaiono monchi, molti utenti sono delusi e infastiditi. E’ possibile pensare ad un’azione legale collettiva, magari una class action di creator, contro il colosso americano figlio di Zuckerberg?
Analizziamo la faccenda, da un punto di vista legale.
Cosa è successo, in estrema sintesi
Tutta la faccenda spiegata nel dettaglio la trovi qui, ma facciamo anche una sintesi, di seguito:
Meta e SIAE, non hanno rinnovato l’accordo sulle licenze dei brani musicali tutelati in Italia da SIAE perché, come recita il comunicato stampa di SIAE, è stata fatta una proposta di rinnovo unilaterale da parte di META, non abbastanza trasparente in merito ai ricavi derivanti, per META, dall’utilizzo dei contenuti con i brani SIAE.
Il risultato è stato che, nell’arco delle 48 ore successive alla chiusura (almeno momentanea) del tavolo di trattative, tutti i brani musicali iscritti alla SIAE (a dire il vero, anche molti non facenti parte del repertorio SIAE) sono spariti e moltissimi reel hanno perso le tracce audio, così diventando muti.
Il sistema automatico di Instagram ha proposto ai creator di modificare una tantum l’audio del contenuto mutato con un nuovo brano presente tra quelli disponibili (cioè non SIAE), comportando molte ore di lavoro aggiuntivo per i creator che non volevano tenere contenuti muti nei feed. E qui, il primo (ipotetico) danno per i creator.
Cosa ancora più fastidiosa, per via di una questione tecnica meglio spiegata in questo articolo, anche i reel in cui alle musiche si aggiungevano tracce audio (ad esempio, le voci dei creator) sono diventati muti, senza parte parlata, senza voice over. Ecco la seconda problematicità: se i brani SIAE sono di altrui proprietà, dati solo in concessione ai creator in basi agli accordi tra SIAE e META, le voci e i testi dei creator sono proprietà dei creator, e ora (momentaneamente) non esistono più.
Nella creator economy questo porta molti problemi, che hanno possibili risvolti legali, tra cui, solo per fare pochi esempi:
- i creator si trovano una sorta di portfolio ammutolito, e per chi lavora nel comparto è anche un problema in termini di immagine e possibili contatti futuri;
- molti reel ormai muti erano derivanti da collaborazioni per cui si potrebbe configurare anche il rischio di inadempimento contrattuale (per quanto incolpevole), a causa della retroattività della revoca dei diritti d’utilizzo.
Ma quindi, è il caso di fare un’azione legale o una class action contro META?
Data l’entità del danno, oltre che del fastidio, che un non-creator potrebbe faticare a vedere ma che nella creator economy è invece abbastanza sentito, sono piovute Maledizioni Guidate verso le prossime sette generazioni di Zuckerberg e non pochi hanno guidato le proprie maledizioni contro SIAE, la sola – pare – delle 150 società sparse nel mondo per la tutela dei diritti degli artisti iscritti a non aver rinnovato l’accordo, e per questo ho dedicato alla faccenda un’episodio del mio podcast Maledizioni Guidate.
Ma oltre alle maledizioni, è anche il caso di intraprendere azioni legali?
Io, da avvocata, ci andrei con i piedi di piombo:
[Alert: quanto segue è frutto di una riflessione generale, laddove ogni caso può essere diverso dagli altri; quanto segue non sostituisce il valore di una consulenza legale].
Se sei un creator e lavori nella creator economy e ancora non hai un legale di fiducia, io ti posso aiutare.
Primo ostacolo: le condizioni contrattuali di Meta Platforms, Inc. che abbiamo sottoscritto (e, spero, anche letto)
Quando ci iscriviamo ad una piattaforma di META, nella fattispecie a Instagram, dichiariamo di aver letto e accettato delle condizioni generali di contatto, accettiamo le “regole di Instagram“, che riguardano quello che NON possiamo fare nella piattaforma e quello che invece abbiamo diritto a fare.
Ad esempio, in base a queste condizioni concediamo svariati diritti e autorizzazioni a META e tutti i suoi sodali. (NB. potete facilmente ritrovare e leggere le condizioni di contratto in basso al pannello di controllo).
In questo documento, in particolare, c’è un paragrafo dal titolo “Autorizzazioni concesse dall’utente“, e tra queste, quella che ci interessa in questo frangente è
L’Autorizzazione all’uso di nome utente, immagine del profilo e informazioni relative a relazioni e azioni con account, inserzioni e contenuti sponsorizzati, i.e. autorizzazione all’uso dei contenuti condivisi e creati dall’utente.
Se in prima istanza META ci rassicura dicendo che i contenuti restano nostri, possiamo sempre e per sempre farne ciò che vogliamo, dall’altro ratifica per iscritto di usare questi contenuti a sua volta, per migliorare – dice – prodotti e servizi forniti.
Quando l’utente condivide, pubblica o carica un contenuto coperto da diritti di proprietà intellettuale (ad es. foto o video) in relazione o in connessione con il nostro Servizio, ci concede una licenza non esclusiva, non soggetta a royalty, trasferibile, conferibile in sublicenza e globale per la conservazione, l’uso, la distribuzione, la modifica, l’esecuzione, la copia, la pubblica esecuzione o la visualizzazione, la traduzione e la creazione di opere derivate dei propri contenuti (nel rispetto delle impostazioni di app e privacy). La presente licenza cesserà di esistere una volta eliminati i contenuti dell’utente dai nostri sistemi.
Secondo ostacolo: la qualificazione giuridica del soggetto
Quando intentiamo una causa e/o una class action (che ammettiamolo, ha tanto il fascino della lotta di tanti piccoli Davide contro dei giganteschi Golia) possiamo farlo come consumatori o come professionisti/azienda.
Se intentiamo causa nella qualità di consumatori, sia personalmente sia attraverso una class action contro META, abbiamo diversi diritti interessanti e che possono facilitare la nostra azione giudiziaria; uno tra questi è l’obbligatorietà dell’utilizzo del foro del consumatore.
In parole povere, anche se le condizioni contrattuali di Meta o di altro gigante commerciale, dicessero che per far valere i nostri diritti, il foro, cioè il tribunale competente è a Kuala Lampour, in quanto consumatori potremmo farci una sonora risata: la legge ci tutela in quanto soggetti deboli, per cui il giudice del tribunale, ad esempio, del nostro luogo di residenza, potrà accogliere le nostre doglianze.
Perchè in diritto esiste una cosa che si chiama “competenza territoriale” e non possiamo andare ad introitare un giudizio dove ci pare e piace in quanto esistono precisi criteri fissati dal codice di procedura civile.
Tuttavia, se la nostra richiesta riguarda il ristoro dei danni subiti nell’esercizio della nostra attività lavorativa, ci comportiamo come professionista e non più come consumatore; dunque i nostri super poteri da consumatore decadono e le cose si fanno più complicate. Come ad esempio, il foro competente che, per le condizioni contrattuali di Meta è in Irlanda, dove ha sede legale.
Fare una causa in un foro estero implica, tra le altre cose
- Notifiche internazionali,
- atti da tradurre presentare anche in lingua inglese,
- eventuali traduzioni giurate da depositare,
- tempi e costi notevoli da anticipare.
Insomma, per un creator (o anche per un gruppo di creator) una causa contro META Platforms Inc, partirebbe decisamente in salita.
Il fatto che ci si metta a competere con gli uffici legali di una delle aziende più potenti del mondo, cui gli Stati non riescono neanche a chiedere di conservare i dati degli utenti in server regolamentati, ci fa capire che questa volta Davide potrebbe non avere la meglio su Golia.